Prendiamo spunto dai contenuti del volantino apparso sul sito del SUPU (Sindacato Unitario Personale in Uniforme) il 05/09/2020 per alcune riflessioni di carattere generale riguardanti le forze dell’ordine in conflitto tra diritti e doveri costituzionali.
Molto spesso nella vita, sia nella sfera privata che in quella pubblica, ci si scontra su posizioni apparentemente antitetiche, con discussioni non costruttive e che, al contrario, ci portano ad arroccarci sempre più su posizioni immutabili: proviamo, con e attraverso queste righe, a fare uno sforzo nella direzione opposta, col fine ultimo di procedere verso una migliore comprensione della percezione dell’ “altro da noi”.
Nel caso specifico, l’ “altro”, per noi cittadini, viene rappresentato, molto spesso, da tutta la categoria delle forze dell’ordine, siano essi Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia Municipale, etc…
Ci rendiamo facilmente conto, anche solo di fronte ad un’analisi formale, che ciò che si percepisce come “altro”, sia in realtà una moltitudine piuttosto variegata di entità con specificità diverse: l’Arma dei Carabinieri, pur appartenendo alle forze di polizia, è una forza armata e per questo fa capo al Ministero della Difesa; la Polizia di Stato è una della quattro forze di Polizia dello Stato ed è quindi direttamente dipendente dal Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno, costituisce autorità nazionale di pubblica sicurezza e vigila sul mantenimento dell’ordine pubblico; i corpi di Polizia Municipale hanno competenza sul territorio del comune italiano di appartenenza o su quello di unioni di comuni, con funzioni di polizia amministrativa, giudiziaria, stradale, protezione civile e funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza.
Volantino a tutela degli operatori di polizia e dei militari
Tutti i corpi sono, però, pur con le loro svariate differenze formali e sostanziali, accomunati dal fatto di giurare fedeltà allo Stato e all’osservanza delle leggi. Ed è su questo punto che riprendiamo la narrazione in riferimento al succitato volantino intitolato “VOLANTINO A TUTELA DEGLI OPERATORI DI POLIZIA E DEI MILITARI“.
Il testo esplicativo, sintetico e molto preciso, “avvisa” i diretti interessati dei problemi legali derivanti dall’applicazione del DPCM vigente.
“Gli operatori di polizia e i militari debbono conoscere le sottonotate leggi e decreti, al fine di evitare di violare l’art. 28 della Costituzione che sancisce: “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici”
Esordisce puntando dritto al cuore della questione, per il quale, in caso di denuncia da parte del sanzionato, il funzionario si ritroverebbe direttamente responsabile dell’applicazione di una norma non costituzionale (in sede penale, civile ed amministrativa).
Prosegue citando le disposizioni del decreto legge 155 del 2005 che “rendendo più severa la legge n. 152 del 1975, […] proibisce di circolare in luoghi pubblici con il viso coperto” e sottolineando l’art.16 della Costituzione per cui “Ogni cittadino può circolare o soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica o di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge. “
Ricorda, in maniera inequivocabile, vari punti nevralgici del problematico contesto legale in cui i funzionari si trovano, loro malgrado, a svolgere quello che, vogliamo sottolinearlo, è la loro legittima mansione:
“SI FA PRESENTE CHE I DPCM EMANATI DAL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI sono atti amministrativi provvisori che non hanno forza di legge e devono essere convertiti in legge entro 60 giorni e che tuttavia non possono annullare o sostituire le leggi in vigore o porsi contro la costituzione della repubblica italiana o contro i trattati internazionali.”
Evidenzia il problema sostanziale rilevato dalla cosiddetta gerarchia delle fonti:
“Difatti il DPCM si pone in una posizione gerarchica di livello inferiore rispetto alla Costituzione ed alle Leggi” e per tale motivo “una norma contenuta in una fonte di grado inferiore non può contrastare una norma contenuta in una fonte di grado superiore”.
Fa notare inoltre che “DPCM IN MATERIA DI SANITÀ POSSONO ESSERE APPLICATI SOLO IN CASO DI PANDEMIA, evento che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ancora non ha dichiarato con atto ufficiale.”
Terminata la disamina sulle reali problematiche di legge, espone quindi i reati in cui incorrerebbero i funzionari:
-istigazione a commettere delitti, art. 414 del cpp;
-violenza privata art. 610 cpp;
-procurato allarme art. 658 cpp;
-abuso di autorità art. 608 cpp;
-attentato ai diritti politici del cittadino art. 294 cpp.
E conclude affermando:
“CARI OPERATORI DI POLIZIA
considerato quanto detto sopra, visto l’art. 28 della costituzione della repubblica italiana, con la vostra azione di verbalizzare e contestare il mancato uso della mascherina, voi potreste essere perseguiti individualmente sia penalmente e civilmente e condannati a risarcimento dei danni fino a 15.000 euro più spese legali per il processo.
A conferma di quanto detto esistono già sentenze di giudici di pace che hanno annullato i vostri verbali (sentenza del 29.07.2020 del giudice di pace di Frosinone)”
Sentenza che potete trovare qui: http://www.dirittoegiustizia.it/allegati/16/0000088800/Giudice_di_Pace_di_Frosinone_sentenza_n_516_20_depositata_il_29_luglio.html)
Analizzando, quindi, questo volantino, redatto in maniera meticolosa, risulta palese come questa situazione stia creando notevoli disagi alla cittadinanza tutta, anche a quei funzionari statali adibiti al rispetto delle norme; norme che, non rientrando in un quadro costituzionale, mettono in seria difficoltà il lavoro delle stesse persone che queste norme devono far rispettare.
Testimonianze dirette
Grazie alla gentile testimonianza di due giovani, titolari di locali pubblici in comuni dell’alta padovana, riusciamo ad avere, sia pure in maniera frammentaria, uno spaccato veritiero della realtà quotidiana che, da ormai un anno, i gestori di locali pubblici, con i loro dipendenti, si trovano a dover affrontare.
Un primo titolare descrive cosi la quotidianità:
“Da sempre nel mio comune, le forze dell’ordine si sono dimostrate molto scrupolose nel far rispettare le regole (orari di chiusura, decibel consentiti, somministrazione di alcolici ai soli maggiorenni e così via).
Da maggio del 2020 (ovvero da quando le attività hanno potuto riaprire) i controlli sono continuati, ma più con l’intento di dare delucidazioni sulle norme da seguire che per ammonire o sanzionare.
Con il passare del tempo i controlli sono aumentati e, probabilmente complice anche il nostro malumore crescente unito a regole sempre più stringenti a cui dover sottostare, qualche momento di tensione c’è stato, ma senza conseguenze.
Da quando, in zona arancione/rossa, abbiamo riaperto per il solo asporto, non abbiamo ancora subito alcun controllo”.
Il secondo titolare, invece, ci descrive la situazione in maniera leggermente meno “serena”:
“Sono sostanzialmente d’accordo con quanto ha descritto il mio collega, anche se devo dire che è davvero antipatico vedere come gli agenti si comportano con i nostri clienti: clienti affezionati con cui abbiamo anche stretto, negli anni, bellissimi rapporti umani e, a volte, anche di amicizia. Persone sedute al tavolo, esternamente, e sottolineo all’aria aperta quindi, che vengono redarguiti perché magari, avendo appena appoggiato la tazzina di caffè o il succo di frutta, non avevano immediatamente riportato la mascherina su. Stiamo parlando per assurdo anche di persone conviventi, magari con la sola mascherina abbassata, nemmeno tolta, che si stavano solamente bevendo una bibita fresca al sole. La situazione non è facile, già stiamo, per usare un eufemismo, “soffrendo” economicamente, se si aggiungono pure questi episodi… beh… non è il lavoro che avevo scelto di fare! Noi cerchiamo sempre di rispettare le forze dell’ordine, a volte non ci sentiamo altrettanto rispettati; veniamo trattati come i “furbetti” che vogliono aggirare le regole, quando siamo davvero ligi nei protocolli di sicurezza, visto che ne va del nostro lavoro. Abbiamo famiglie e dipendenti alle spalle, abbiamo eseguito tutti gli adeguamenti che ci son stati richiesti senza batter ciglio, spendendo liquidità che avremmo utilizzato per altri scopi se avessimo saputo che ci avrebbero fatto chiudere di nuovo: che cosa dobbiamo pensare?”
Vogliamo sottolineare come entrambi i titolari abbiano scelto l’anonimato per evitare, usando le loro stesse parole, “forme di intimidazione future”; questo, a nostro parere, è esplicativo dell’atmosfera in cui questi lavoratori sono costretti da mesi e mesi.
È un momento complesso nel suo insieme, lo è per i lavoratori di determinati settori, le loro famiglie e i loro dipendenti; lo è per chi deve agire per far rispettare delle norme in un quadro giuridico nebuloso e, per molti aspetti, incostituzionale, elevando sanzioni ai loro concittadini che stanno cercando tra mille difficoltà, di resistere. Ciò crea conflitti a volte insanabili e posizioni di ostilità.
Molte volte ci si ritrova a pensare, senza colpe proprie o valide motivazioni, di stare su due sponde opposte del fiume: dimenticando troppo facilmente che il fiume è lo stesso per entrambe le parti ed entrambe deve dissetare.
Come Movimento Roosevelt rimarremo costanti e concreti nel fare in modo che le divergenze, o apparenti tali, vengano viste come un’occasione di necessaria crescita comunitaria per mezzo di un confronto che dev’essere costruttivo e rasserenante per tutte le parti in causa.
Articolo di Samuele Guizzon