L’articolo di oggi, per una volta, trae spunto da una mia esperienza personale, un episodio accaduto nell’estate del 1992.
A quel tempo ero un giovane studente di ingegneria a Napoli, presso l’Accademia Aeronautica, e, insieme a qualche altro collega, avevo stretto un buon rapporto con il mio professore di Fisica, Elio Tartaglione, un signore anziano con degli occhiali che sembravano fondi di bottiglia, con una espressione gioviale ed estremamente disponibile e gentile con tutti noi, un uomo palesemente innamorato della sua materia, che conosceva profondamente, e dell’insegnamento.
Dopo una sessione in laboratorio, ci fermammo per scambiare due chiacchiere con lui. Parlammo di alcuni personaggi noti che egli poteva aver conosciuto durante i suoi anni di insegnamento a Napoli. Faccio presente che, a Napoli, molte facoltà avevano professori in comune o addirittura corsi in comune, come ad esempio Ingegneria, Fisica e Matematica (cosa che a noi studenti di Ingegneria, dico per inciso, non faceva molto piacere, perché ritenevamo che ogni materia venisse insegnata con aspettative assai elevate).
Quella mattina, con Tartaglione, parlammo di un noto professore di Analisi Matematica della facoltà, Renato Caccioppoli, un geniale ed estroverso matematico, nipote del rivoluzionario russo Bakunin e figura molto importante della matematica italiana, purtroppo morto suicida dopo una storia di alcolismo, si pensa, per una delusione sentimentale. Di costui parla spesso Luciano de Crescenzo nei suoi libri, ed è stato tratto un bel libro, dal titolo “Morte di un matematico Napoletano”.
Ettore Majorana
E poi parlammo di Ettore Majorana, che, come noto, fu, brevemente, ordinario di Fisica a Napoli. Tartaglione, solitamente istrionico ma in modo sempre ironico e gioviale, cambiò espressione, e alla nostra domanda: “Professore, è morto vero?”, rispose in modo sfuggente ma facendoci capire chiaramente che così non era.
Noi non sapevamo, all’epoca, che Tartaglione, anni prima, era stato assistente del Professor Antonio Carrelli, capo dell’Istituto di Fisica durante la presenza di Majorana, suo amico e destinatario delle famose ultime lettere, e dimenticammo per anni questo episodio. Ma ci torneremo fra poco.
La sua storia
Come avrete capito, oggi ci occuperemo della storia del Fisico Siciliano ETTORE MAJORANA. Di lui, un altro grandissimo fisico italiano, Enrico Fermi, ebbe a dire:
“Al mondo ci sono varie categorie di scienziati. Gente di secondo e terzo rango, che fan del loro meglio ma non vanno lontano. C’è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande importanza, fondamentali per lo sviluppo della scienza. Ma poi ci sono i geni, come Galileo e Newton. Ebbene Ettore Majorana era uno di quelli. Majorana aveva quel che nessuno altro al mondo ha; sfortunatamente gli mancava quel che invece è comune trovare negli altri uomini, il semplice buon senso”
Ma facciamo un passo indietro. Ettore Majorana nasce a Catania il 5 agosto 1906 in una famiglia importante. Il nonno Salvatore è un avvocato ed è stato per due volte Ministro dell’Agricoltura. Il nonno avrà sette figli, di questi ben 3 diventeranno rettori dell’Università di Catania. Uno, Quirino, avrà la cattedra di fisica a Bologna.
Gli anni della scuola
Tra gli otto e i nove anni Ettore, si trasferisce a Roma dove studia dai gesuiti e poi al Liceo Statale Torquato Tasso dove, nell’estate 1923, conseguirà la maturità classica. Si iscrive a ingegneria, ma dopo poco, su consiglio di Emilio Segré, passerà a fisica. All’Istituto di Fisica incontrerà Enrico Fermi, con cui si laurea nel 1929, discutendo una tesi sulla meccanica dei nuclei radioattivi. Con Enrico Fermi, egli fece parte di un gruppo di Fisici passati alla storia come “I ragazzi di Via Panisperna”, dall’indirizzo, a Roma, dell’Istituto di Fisica, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti, Emilio Segrè, Bruno Pontecorvo e il chimico Oscar D’Agostino.
Peraltro di ognuno di costoro sarebbe interessante ripercorrere le storie (e magari un giorno lo faremo). Enrico Fermi fu uno dei direttori del Progetto Manhattan che porterà alla Bomba Atomica. Enrico Amaldi fu tra i creatori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), del CERN di Ginevra e dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Rasetti emigrò in Canada dopo le leggi razziali di Mussolini, ma rifiutò di partecipare con Fermi al progetto Manhattan. Segrè vincerà il Nobel per la Fisica per la scoperta dell’antiprotone. Pontecorvo (fratello del famoso regista cinematografico Gilio), scapperà nel dopoguerra in Unione Sovietica, dove prese il nome di Bruno Maksimovič Pontekorvo. Per un certo periodo si temette fosse stato rapito, ma così non fu, egli si trasferì volontariamente e contributi in modo decisivo alla ricerca sovietica in Fisica e Astrofisica. Molti anni dopo, in Italia, in occasione di una ricorrenza per ricordare Majorana, egli espresse in modo riservato agli amici tutto il suo rammarico ed amarezza per la scelta fatta, e morirà poco dopo.
Contributi di ricerca e i fermioni di Majorana
Si racconta che quando, a fine 1931, Joliot e Curie bombardarono il nucleo atomico con delle particelle alfa ottenendo delle righe spettrali che non sapevano interpretare, Majorana commentò: «Guarda che sciocchi, hanno scoperto il protone neutro e non se ne sono accorti …».
Majorana, purtroppo, ci ha lasciato poche pubblicazioni, ma tutte sono molto importanti. Qui voglio citare solo il suo ultimo lavoro di fisica, pubblicato nel 1937, sulla cosiddetta teoria simmetrica dell’elettrone e del positrone. Questo è il suo contributo più grande alla fisica, nel quale viene ipotizzato che i fermioni privi di carica coincidano con le loro antiparticelle. Queste particelle saranno note come “Fermioni di Majorana”, e ci sono ancora oggi ricerche per confermarne l’esistenza. Queste sfuggenti particelle sono essenziali per lo sviluppo dei computer quantistici, che rappresentano una tecnologia rivoluzionaria nell’ambito dell’informatica, che porterà ad aumento enorme della capacità di calcolo dei computer.
Ma facciamo un passo indietro. Siamo arrivati al 1937, quando Majorana accetterà la Cattedra di fisica teorica all’università di Napoli. Qui stringerà, come visto, amicizia con il direttore dell’istituto, Antonio Carrelli.
Le lettere di Majorana
Siamo arrivati alla sera del 25 marzo 1938, Ettore Majorana ha 31 anni. Egli partirà partì da Napoli, dove risiedeva all’albergo “Bologna” in via Depretis 72, con un piroscafo della Tirrenia alla volta di Palermo, dove si fermerà un paio di giorni alloggiando al “Grand Hotel Sole”. Il giorno stesso a Napoli, prima di partire, aveva scritto a Carrelli la seguente lettera:
«Caro Carrelli, ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non vi è in essa un solo granello di egoismo, ma mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare a te e agli studenti. Anche per questo ti prego di perdonarmi, ma soprattutto per aver deluso tutta la fiducia, la sincera amicizia e la simpatia che mi hai dimostrato in questi mesi. Ti prego anche di ricordarmi a coloro che ho imparato a conoscere e ad apprezzare nel tuo Istituto, particolarmente a Sciuti; dei quali tutti conserverò un caro ricordo almeno fino alle undici di questa sera, e possibilmente anche dopo.»
Ai suoi familiari aveva scritto:
«Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all’uso, portate pure, ma per non più di tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi.»
Il 26 marzo Antonio Carrelli ricevette da Majorana un telegramma in cui gli diceva di non preoccuparsi di quanto scritto nella lettera che gli aveva precedentemente inviato.
«Non allarmarti. Segue lettera. Majorana.»
Lo stesso giorno fu scritta e spedita anche questa ultima lettera, dopo il viaggio di andata:
Palermo, 26 marzo 1938 – XVI
«Caro Carrelli,
Spero che ti siano arrivati insieme il telegramma e la lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all’albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunziare all’insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente. Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli.»
Ettore Majorana, invece, non comparirà più.
La scomparsa
Da questo momento comincerà una ricerca che non è più terminata. La polizia di Stato, in seguito alle pressioni del filosofo e senatore Giovanni Gentile, aprirà il fascicolo PS1939-A1, dove si troveranno tre annotazioni. La prima è l’ordine di Benito Mussolini, “Voglio che si trovi”. La seconda è del Capo della Polizia, Arturo Bocchini, “I morti si trovano, sono i vivi che possono scomparire” , e quella finale: “scomparsa a fine di suicidio”.
Il 17 luglio, la popolare rubrica settimanale della Domenica del Corriere, “Chi l’ha visto?”, dedicherà un trafiletto poi divenuto famoso alla scomparsa del giovane fisico.
Da questo momento, praticamente sino ai giorni nostri, si susseguira’ una ridda di ipotesi sulla reale fine di Ettore Majorana, oltre ovviamente a quella che egli, effettivamente, si sia suicidato gettandosi dal postale Palermo-Napoli.
Questa ipotesi si basa sul fatto che, effettivamente, il fisico aveva una personalità fragile e spesso turbata, e che soffriva anche di alcune problematiche di carattere fisico. Alcuni particolari, però, appaiono contraddire la volontà di togliersi la vita: primo fra tutti quello di aver prelevato una importante somma di denaro in banca poco prima di partire per Palermo.
Le ipotesi della scomparsa
Ma esistono poi altre ipotesi, susseguitesi negli anni, anche molto recenti:
Una di quelle ritenute più verosimili, è quella che egli si sia ritirato in un monastero. Tale ipotesi assurgerà a particolare notorietà per il celebre libro di Leonardo Sciascia, “La Scomparsa di Majorana”. Ma ci torneremo fra poco.
Un’altra ipotesi, di cui si parla poco perché imbarazzante, è quella di una sua fuga in Germania per lavorare al servizio del Terzo Reich per poi, da li, seguire i moltissimi esuli nazisti in Argentina. Seppur debole, questa pista ha alcuni elementi a supporto. Questa ipotesi è solitamente identificata come “Variante Klingsor”, dal titolo di un romanzo storico di un messicano, Jorge Volpi, del 1999 , pubblicato in Italia da Mondadori, con il titolo di “In cerca di Klingsor”. Nel libro si racconta della ricerca di un misterioso scienziato atomico nazista che diresse tutto il programma atomico del Fuerher. Uno scienziato che , appunto, si nascondeva sotto al nome in codice di Klingsor. In aggiunta, Majorana, in alcune sue lettere, aveva espresso giudizi positivi sulla Germania nazista. Inoltre, subito dopo la scomparsa di Majorana, Gilberto Bernardini, un altro fisico, scrisse a Giovanni Gentile jr, anch’egli fisico, figlio dell’ex ministro Giovanni Gentile,
“Caro Giovanni, come puoi immaginare la notizia di Majorana mi ha dato una vera gioia. Non è molto bello forse, ma in compenso non è una cosa così tragica come si pensava e ci se ne può rallegrare”.
Nel 1974 Bernardini, intervistato, rispose a Giorgio Dragoni: “Lei sa che io conosco la scelta fatta da Majorana? Non è una scelta che le farà piacere. Ettore si trasferì in Germania per collaborare alle armi del Terzo Reich”.
Un’altra ipotesi che ha molti seguaci lo vede in Argentina, e questa possibilità in molte varianti, ed e a volte posta in successione alle altre. Questa ipotesi si basa su alcune testimonianze di emigrati Italiani. Come pure quella che lo vede ancora in Sud America, ma stavolta in Venezuela, sempre come riportato da emigrati Italiani. Nel caso del Venezuela, il caso fu amplificato dalla trasmissione “chi l’ha visto”, e si ipotizzava che Majorana si facesse chiamare “Signor Bini”.
Altre ipotesi lo vedono in Sicilia o a Roma, come un clochard.
La realtà è che non è mai stato possibile provare in modo conclusivo nessuna di queste. Ma, a questo punto, voglio riprendere la testimonianza con cui ho cominciato questo episodio.
La mia testimonianza
Il mio professore di fisica, Elio Tartaglione, circa 15 anni dopo le prime vaghe confidenze fatte a noi studenti, in età ormai molto avanzata, decise di fare partecipi i suoi colleghi, il Rettore dell’università Federico II di Napoli e la stampa di quanto sapeva.
Dirà Tartaglione al giornale la Repubblica nel 2006:
«Un giorno, dopo la lezione, Carrelli mi condusse nel convento di San Gregorio Armeno, e mi rivelò, indicandomi una finestra, che in una di quelle celle Majorana praticava gli esercizi spirituali»,
Il Prof. Bruno Preziosi, collega di Tartaglione all’università, che pure ne raccolse le confidenze, aggiunse che nell’occasione l’assistente chiese al Carrelli “Ma allora è ancora vivo?” ottenendo la risposta “Ritorniamo all’istituto che abbiamo da fare”.
Di seguito, riferisce sempre il Prof. Bruno Preziosi, Tartaglione descrisse in una lettera gli accadimenti al Rettore dell’università di Napoli Fulvio Tessitore, il quale interrogò l’allora Arcivescovo di Napoli Giordano, suo amico personale, ricevendone però la risposta “la domanda è irricevibile”. Per parte mia posso solo testimoniare che Elio Tartaglione era ciò che si definisce un gentiluomo, una persona d’altri tempi, e mai avrebbe mentito. Enrico Fermi, sulla sua sparizione, commenterà profeticamente:
“Con la sua intelligenza, una volta che avesse deciso di scomparire o di far scomparire il suo cadavere, Majorana ci sarebbe certo riuscito.”
Dopo tutti questi anni, il mistero continua.
Link per l’episodio: https://www.spreaker.com/user/runtime/dc-1×02-mixdown
Articolo dell’episodio precedente: https://www.movimentoroosevelttriveneto.it/tredici-giorni-alla-mezzanotte/
Link per la serie:
Spreaker https://www.spreaker.com/show/delendacarthago
Spotify https://open.spotify.com/show/31EkRrta8kLLBQtoVzgxJu
Email per interloquire: delendacar@gmail.com
Twitter: @DelendaCarthag7
Articolo di Roberto Tomaiuolo