Il gioco più violento di tutti: Fisher vs. Spassky

Fisher_Spassky

Ci racconta Paolo Maurensig nel romanzo La Variante di Lunemburg (che vi consiglio di leggere, se ancora non lo aveste fatto), che sembra che l’invenzione degli scacchi sia legata a un fatto di sangue. Narra infatti la leggenda che quando il gioco fu presentato per la prima volta a corte il sultano volle premiare l’oscuro inventore esaudendo ogni suo desiderio. Questi chiese per sé un compenso apparentemente modesto, di avere cioè tanto grano quanto poteva risultare da una semplice addizione: un chicco sulla prima delle sessantaquattro caselle, due sulla seconda, quattro sulla terza, e così via… Ma quando il sultano, che aveva in un primo tempo accettato di buon grado, si rese conto che a soddisfare una simile richiesta non sarebbero bastati i granai del suo regno, e forse neppure quelli di tutta la terra, per togliersi dall’imbarazzo stimò opportuno mozzargli la testa.

Il gioco più violento

Una delle leggende moderne del gioco, l’ex campione del mondo Gary Kasparov, sostiene che gli scacchi siano il gioco più violento che esista. E in effetti gli scacchi sono straordinariamente violenti. Sono l’arte della guerra, giocata con una precisione estenuante. Per molti è solo un gioco, ma per coloro che lo capiscono, è molto di più. Essi contemplano sacrifici, imboscate, attacchi e difese. Sono un gioco per schiacciare mentalmente l’avversario, per distruggerlo. Alcuni grandi maestri sbraitano e inveiscono contro i loro avversari per distogliere la loro concentrazione. Altri coltivano uno sguardo gelido progettato per innervosire la persona dall’altra parte della tavola. Più di qualche gran maestro è impazzito o e scomparso dalla circolazione. Molti sono antisociali. Tutti hanno un ego abnormemente grande.

Gli scacchi sono brutali. Gli scacchi sono violenti. Gli scacchi sono la guerra.

La scacchiera

La storia di Bobby Fischer

Oggi parleremo di una partita che ha fatto, letteralmente, la storia, non solo degli scacchi, ma anche della geopolitica mondiale. Ma, per farlo, dobbiamo raccontare la storia di un giovane americano, Robert James Fischer, detto Bobby.

Fischer nasce a Chicago, il 9 Marzo 1943, figlio di Regina Wender e, secondo la madre, del biofisico tedesco Gerhardt Fischer. La madre, ebrea Svizzera di origine polacca, aveva studiato all’Università di Mosca, dove aveva conosciuto Gerhardt Fischer, che aveva sposato nel 1933 e dove nel 1938 era nata la loro figlia Joan. Nel 1945 divorziarono, ma nel frattempo Regina aveva fatto ritorno negli Stati Uniti (1939). In un articolo del 2002 sul Philadelphia Inquirer Peter Nicholas e Clea Benson sostengono, con prove documentate (gli archivi FBI) che il vero padre biologico di Fischer fosse, in realtà, il fisico ebreo ungherese Paul Nemenyi. Gerhardt Fischer infatti non poteva essere il padre di Bobby: quando Regina rientrò negli USA nel 1939, a Gerhardt venne negato il permesso di immigrazione per le sue sospette simpatie comuniste.

Bobby notoriamente cominciò a giocare a scacchi all’età di sei anni, quando la famiglia si trasferì a Brooklyn,  leggendo il libretto di istruzioni di una scacchiera. All’età di tredici anni, la madre chiese a Jack Collins di diventare il suo maestro  di scacchi ed egli acconsentì. 

Il suo primo successo arrivò nel luglio 1956, quando vinse il campionato juniores statunitense che lo qualificava al campionato maggiore. Nello stesso anno, giovanissimo, giocò una partita divenuta famosa come “partita del secolo”, contro il futuro maestro internazionale Donald Byrne.

Nel gennaio 1958 vinse il campionato della sua regione degli Stati Uniti,  e si qualificò al torneo interzonale, risultato che gli valse il titolo di “maestro internazionale”. Samuel Reshevsky, il grande favorito del torneo, e molti fra i migliori maestri americani in attività non impedirono a Bobby di vincere imbattuto il torneo.

Nel 1959 Fischer partecipò per la terza volta al campionato americano. Vinse ancora il campionato con grande facilità, come le successive cinque edizioni, tutte quelle a cui partecipò. In quello del 1963-64 vinse addirittura tutte le partite.

Fisher stava spazzando via i suoi avversari come fossero mosche, arrivando ad una striscia di 20 partite vincenti, cosa inaudita nei campionati di scacchi. Fisher aveva già battuto, ed in alcuni casi distrutto, alcuni dei migliori giocatori sovietici.

Mentre Henry Kissinger fa avanti e indietro dal Vietnam, e lo scontro USA-URSS si fa sempre più aspro, sia negli USA che in Unione Sovietica (sebbene con visioni opposte), Bobby Fisher occupa i primi servizi nei notiziari. 

Egli continuerà con il suo comportamento scostante e provocatorio, talvolta sparendo per anni, salvo apparire per rendere dichiarazioni che infuocavano gli animi già in quegli anni, come ad esempio quelle misogine contro la campionessa femminile Lisa Lane che lo celebrò come il migliore di tutti, cui egli rispose che, sebbene tecnicamente vero, la Lane, in quanto donna, era troppo stupida per poterlo affermare.

Battendo l’ex campione del mondo, Tigran Petrosian dell’Unione Sovietica, in un torneo a Palma de Mallorca, Fischer conquisterà il diritto di giocare contro il campione del mondo Boris Spassky per il titolo.

L’Unione Sovietica, una delle due superpotenze, aveva fatto degli scacchi il suo sport nazionale, spendendo una quantità illimitata di denaro, e avevano vinto ogni torneo, ogni Olimpiade degli scacchi.

Per i sovietici mantenere la corona era molto importante. Ideologicamente, questa vittoria avrebbe significato una prova di superiorità intellettuale sul decadente Occidente. Ai migliori giocatori veniva garantito un importante aiuto statale per prepararsi al meglio.

In Occidente non c’era nulla di tutto questo, un americano solitario, che era solito prepararsi in totale autonomia, avrebbe dovuto combattere la potenza della macchina scacchistica sovietica.

Un passo indietro

Quindi facciamo un passo indietro: Bobby Fischer. E già è il campione degli Stati Uniti a 15 anni e ha sconfitto i più grandi maestri.

Sua madre Regina. Era una donna che ha dovuto fare due lavori come madre single per mantenere due figli. Regina era davvero la guida della famiglia. Parlava molte lingue, incluso il russo. Ha lavorato come operatrice telegrafica, infermiera, saldatrice. Ha anche ottenuto un dottorato di ricerca in ematologia. Era un’attivista ed era una comunista. E i file dell’FBI su di lei sono abbastanza estesi, infatti fu osservata da vicino dall’FBI perché pensavano che potesse essere una spia sovietica.

In questa situazione piena di paure e paranoie, che aveva ancora scorie di maccartismo negli Stati Uniti, il giovane Bobby svilupperà un interesse ossessivo nel perfezionare la propria capacità di giocare a scacchi. Egli vi dedicava, ininterrottamente, ogni momento della giornata. Persino quando mangiava, aveva sempre con sé una scacchiera e studiava nuove varianti. Non frequentava amici, non era interessato all’altro sesso.

Egli giocava con se stesso, ininterrottamente. La madre, preoccupata, lo portò da uno psichiatra, che però non trovò nulla di malato in lui.  E forse si sbagliava.

Il titolo mondiale

Ma torniamo alla sfida per il titolo mondiale. La Federazione Internazionale di Scacchi vuole assegnare all’Islanda, che ha offerto la cifra più alta, l’organizzazione della partita. Così chiede a Fisher se egli avrebbe accettato una sfida in 24 partite a Reykjavik. Fisher era imprevedibile, ogni cosa era possibile, egli aveva infatti già abbandonato tornei in precedenza, e si ostinava a non voler rispondere alla Federazione Internazionale. Spassky, il campione sovietico, nel frattempo, si recò in Islanda 12 giorni prima della partita, per abituarsi al posto.

Fisher, con enorme fatica, fu portato all’aeroporto Kennedy per la partenza. Mentre il gruppo era diretto al banco delle compagnie aeree islandesi, un fotografo del Daily News cominciò a fotografarlo, e Bobby iniziò  a correre, scappando fuori dall’aeroporto, e scomparendo.  Mancavano solo tre giorni all’inizio previsto della partita. La storia degli scacchi era in pericolo.

La Federazione internazionale di scacchi rinvierà di 48 ore l’inizio del match, ma con ultimatum: se Fisher non si fosse presentato entro mezzogiorno di martedì, sarebbe stato squalificato. Nel frattempo l’Unione Sovietica era furiosa, aveva la sensazione che il campione mondiale di scacchi fosse umiliato da questo americano. Volevano richiamare Spassky in Unione Sovietica. A quel punto, per uscire dall’impasse, Kissinger stesso chiamò Fisher per convincerlo ad andare, e ci fu una donazione che raddoppiò il premio da 125 mila a 250 mila dollari.

E finalmente Bobby parti’ per Reikiavik. L’arrivo fu incredibile, fu ricevuto come un re, la folla era incontenibile. Egli scese dall’aereo, ignorò tutto e tutti, compresa la delegazione ufficiale, salì in auto e si recò in albergo.

Ma non era ancora finita: è in Islanda, ma giocherà davvero per il campionato del mondo?

L’attenzione nel mondo era massima. In Islanda c’erano il governo islandese, il presidente islandese, l’ambasciatore dell’Unione Sovietica, l’ambasciatore degli Stati Uniti e molti ospiti stranieri. Il teatro sede dell’incontro era pieno.

I programmi regolari in TV furono sospesi, molti guardavano nei televisori dei grandi magazzini, lo schermo di Times Square mostrava la diretta il gioco dal vivo. Come e più del Superbowl, per una partita di scacchi. Una cosa impensabile, lunare fino a pochi anni prima.

Le partite

11 Luglio 1972: prima partita. Fisher si presenterà con nove minuti di ritardo, a partita iniziata e orologio avviato. Egli avrà un inizio brillante, ma commetterà un errore disastroso che lo porterà alla sconfitta.

La seconda partita non ebbe luogo: Fischer fece una serie interminabile di richieste agli organizzatori, che rifiutarono, e diedero la sconfitta a tavolino all’americano.

16 Luglio 1972: Terza partita. Molti ormai davano Fischer per sconfitto, e scommettevano che avrebbe lasciato l’Islanda. Ma così non fu, egli rimase (si narra di una ulteriore telefonata di Kissinger), e comincerà inesorabilmente a demolire il campione russo.

Spassky cominciò a dare segni di nervosismo sempre più accentuati, addirittura fece ispezionare le sedie perché convinto contenessero un macchinario che gli annebbiava il pensiero. In realtà egli non riusciva a sopportare la tensione e il comportamento di Fischer, che sempre di più appariva invincibile ed al comando.

31 Agosto 1972: ventunesima e ultima partita. Dopo ore di gioco, la partita fu sospesa e, come previsto, fu scritta in una busta chiusa l’ultima mossa, per riprendere il giorno successivo. Ma ciò non avvenne mai, Spassky comunicò l’abbandono, e il 1 Settembre 1972 Bobby Fisher, a 20 anni, venne proclamato undicesimo Campione del Mondo di scacchi (in una cerimonia cui non volle partecipare Spassky).

I telegiornali americano diedero la notizia prima di quelle del watergate, egli diventò un eroe nazionale. Negli Stati Uniti la sua popolarità raggiunse vette incredibili, e si moltiplicarono i giocatori di scacchi nel paese e in tutto il mondo, come il merchandising a lui legato, sebbene egli non giocò più partite ufficiali.

E poi sparì.

La difesa del titolo e strane partite

Quando nel 1975 venne il momento di difendere il Titolo, egli pose condizioni capestro alla Federazione, che concesse quasi tutto, ma per Fischer non fu abbastanza, e abbandonò.  Anatoij Karpov fu dichiarato Campione del Mondo per Forfait.

Nel mondo degli scacchi non mancano certo esempi di giocatori eccezionali con evidenti problemi mentali. Viktor Korchnoi giocò una famosa partita con un morto, contattato attraverso un medium.

Akiba Rubinstein saltò fuori dalla finestra perché convinto di essere inseguito da una mosca. William Steinitz, in tarda età, pensava di giocare a scacchi via radio con Dio, e di pure batterlo.

E poi ci fu il grande Paul Murphy, che ricorda il connazionale Bobby Fischer molto da vicino. Murphy fu un giocatore americano che stupì il mondo con il suo gioco fantastico modo di giocare a scacchi. Il suo tour in Europa nel 1858 1859 fu uno degli eventi più indimenticabili nella storia degli scacchi. E poi, smise di giocare. All’età di 26 anni, egli vagava per le strade senza meta, borbottando tra sé e sé, e divenne uno schizofrenico paranoico.

Il ritorno

Fisher riapparirà nel 1990. Egli aveva ricevuto una lettera da  una scacchista ungherese di 19 anni, Zita Reichsarmee. Signor Fisher, lei è il Mozart del mondo degli scacchi. Voglio che torni a giocare a scacchi. Come risultato del loro successivo incontro, Zita si precipitò ad organizzare il ritorno di Bobby.

Nel mondo degli scacchi, tutti aspettavano il suo ritorno da 20 anni. Mese dopo mese, anno dopo anno. Innumerevoli sono state le leggende metropolitane e i suoi avvistamenti in partite in ogni dove. Ma stavolta era vero, Fisher avrebbe giocato di nuovo contro Spassky, in Jugoslavia durante la guerra jugoslava, e partecipando Fisher decise di violare l’embargo americano al paese.

Il governo americano gli mandò una lettera assai esplicita, e gli ordinò di non giocare, e se lo avesse fatto sarebbe andato in prigione. Per tutta risposta egli sputò sulla lettera del governo davanti alle telecamere. E la rivincita si tenne, fu una partita onorevole,  ma anche triste, dove entrambi i giocatori sono chiaramente ormai l’ombra di loro stessi. Fischer, ad ogni modo, vincerà nuovamente.

Un grand jury federale accuserà il campione americano di una violazione criminale delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti alla Repubblica federale di Jugoslavia. Fisher rischiava a quel punto fino a 10 anni di prigione, e la confisca dei milioni di dollari ricavati dalla partita.

Egli non poteva più tornare nel paese. Così è diventato un espatriato.

Zita rifiutò di sposarlo, la sorella Joan morirà nel 1998 poco dopo la madre. A Bobby non rimaneva più nessuno.

Bobby Fischer rilascerà, in seguito, dichiarazioni di gioia per l’attentato alle torri gemelle dell’11 Settembre, scatenando una ovvia reazione furibonda negli Stati Uniti, che faranno di tutto per farlo ritornare in manette nel paese. Finché, nel 2004, fu trattenuto dalle autorità giapponesi per presunte violazioni della legge sull’immigrazione.

A quel punto l’Islanda gli offrì un passaporto, e lo riaccolse dopo oltre 30 anni. Egli continuò con le sue teorie complottiste ed antisemite, finendo con alienarsi anche in questo paese la gente con il suo comportamento.

Egli non volle accettare le cure per l’ipertrofia prostatica benigna, e rifiutò la dialisi, convinto dei soliti complotti. Bobby Fischer, uno dei più grandi geni mai apparsi davanti ad una scacchiera, morirà in Islanda a 64 anni, dopo aver espresso il suo genio solo per un brevissimo tempo.

Egli, incredibilmente, ha fatto tutto da solo. Ha penetrato i segreti degli scacchi in uno squallido appartamento di Brooklyn, praticamente senza alcun aiuto. Era probabilmente il miglior giocatore che sia mai vissuto.

Link per l’episodio: https://www.spreaker.com/user/runtime/dc-1×05-mixdown

Link per la serie:
Spreaker https://www.spreaker.com/show/delendacarthago

Spotify https://open.spotify.com/show/31EkRrta8kLLBQtoVzgxJu

Email per interloquire: delendacar@gmail.com

Twitter: @DelendaCarthag7

Leggi anche l’articolo della precedente puntata di Delenda Carthago cliccando qui.

Articolo di Roberto Tomaiuolo

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