Gli adulti di domani

In questi due anni di pandemia, quante volte ci siamo soffermati a pensare a cosa possono aver provato i bambini, gli adolescenti, i ragazzi? Da un giorno all’altro abbiamo dovuto cambiare completamente le nostre abitudini: costretti a restare chiusi in casa per un tempo che pareva infinito e con la possibilità di uscire solo per necessità e solo equipaggiati da testa a piedi per scongiurare un eventuale contagio di un virus sconosciuto. Per noi adulti è stato un trauma, una sofferenza legata anche alla consapevolezza di quanto stava accadendo… e i bambini? I giovani? All’inizio magari hanno gioito all’idea di non andare a scuola, di non doversi alzare presto la mattina per affrontare ore interminabili di lezione ma poi, giorno dopo giorno, l’esultanza ha lasciato spazio ad un profondo senso di vuoto. Niente più amici con i quali condividere la gioia di crescere, niente più nonni, cugini, zii…

Ognuno chiuso nella propria casa ad attendere la fine di un qualcosa di incomprensibile. Quanti genitori si sono sentiti impotenti alla domanda: “Perché non posso andare dai nonni? Perché non posso giocare con i miei amici? Quando torneremo a fare le cose di prima?”.

La DAD: l’assenza di umanità.

Bambini che avevano appena iniziato la scuola dell’obbligo, si sono ritrovati ad imparare a leggere e scrivere davanti allo schermo di un computer. Costretti, proprio come i loro insegnanti, a doversi rapportare con un’immagine che andava e veniva e con una voce che solo lontanamente ricordava quella reale. Didattica a distanza. Un processo di insegnamento/apprendimento freddo, sterile, asettico. Senza quel legame così speciale che si crea all’interno di una classe tra insegnante e alunni. Senza quel meraviglioso spirito di gruppo che aiuta ad andare avanti anche chi ha difficoltà. Senza quella forza misteriosa, che ha il nome di empatia, dallo straordinario potere di spronare verso la meta e non lasciare indietro nessuno.

Il silenzio violento della mascherina

A settembre 2020, la ripresa della scuola ha dato a tutti un’illusione di ritorno alla normalità. Uso della mascherina, del gel igienizzante, distanziamento, scaglionamento degli orari di entrata e uscita, divieto di interazione tra classi, misurazione della temperatura… Sono solo alcune delle regole che impedivano, di fatto, la normalità. Per non parlare poi, del timore del contagio, dei vari tamponi invasivi da effettuare, dei giorni di quarantena…

L’immagine più emblematica e dolorosa di questi due anni è quella di alcuni bambini di 6 anni, da poco inseriti nel contesto scolastico, dietro la finestra della propria classe intenti a scrutare il mondo esterno durante l’intervallo tra una lezione e l’altra. Bambini con il volto parzialmente nascosto da una mascherina bianca troppo grande per la loro età, una mascherina che copre naso e bocca ma lascia liberi degli occhi pieni di voglia di vivere, di esplorare di conoscere. Bambini che sembrano essere in una prigione piuttosto che in una scuola.

L’innocenza dei bambini è sulle nostre spalle

E’ per questi bambini che abbiamo il dovere di lottare! Dobbiamo impegnarci per restituire loro l’innocenza di un’età straordinaria nella quale dovrebbero giocare spensierati, senza preoccupazioni di sorta. Un’età durante la quale, però, si iniziano a gettare le basi di ciò che saranno. La famiglia, la scuola, lo sport devono poter continuare ad offrire a tutti indistintamente le stesse opportunità di crescita. La scuola, in particolar modo, deve essere un luogo di accoglienza, di confronto, di stimolo, di aggregazione, nel quale vivere serenamente per poter apprendere.

Dobbiamo concentrare le nostre attenzioni e le nostre energie su di loro. Se ci sembra troppo difficile, se tra i cosiddetti adulti vi è qualcuno mosso da sentimenti più individualistici o qualcuno che magari ritiene che le problematiche legate a questa fascia d’età non siano poi così gravi o degne di essere prese in considerazione, allora forse è il caso di pensare che tra questi bambini, tra questi giovani, si stanno formando coloro che un domani non troppo lontano ci governeranno. Il nostro futuro è davvero nelle nostre mani. Dipende da noi. Siamo chiamati a decidere che tipo di futuro vogliamo vivere quando non potremo fare altro che accettare ciò che abbiamo creato con le nostre scelte. Lo dobbiamo a noi stessi ma, soprattutto, lo dobbiamo alle migliaia di bambini che devono subire le nostre scelte.

Leggi anche Il rispetto della libera scelta.

Articolo di Diego Lucchetta.

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