I ricorsi dimenticati

Con l’esplosione del triste fenomeno dell’utilizzo pandemico, quasi settimanale, dei poco amati “DPCM” per far fronte all’urgenza (dopo un anno appare più corretto indicarla come contingenza) Covid19, dal marzo al maggio del 2020 le più diverse Forze dell’Ordine hanno avuto un’impennata di attività straordinaria.

Seppur non sempre tecnicamente preparati a rilevare e contestare le infrazioni commesse da runners della domenica, passeggiatori abusivi, proprietari di cani con problemi di incontinenza, cittadini rei di abitare a venti metri dal mare e di volerlo ammirare dal giardino di casa o di essersi abbassati la mascherina per fumare una sigaretta mentre, rispettando le distanze imposte dalle altre persone in fila ordinata e silenziosa erano fuori dal supermercato in attesa di poter acquistare la propria dose contingentata di farina per pizza, migliaia di agenti di polizia giudiziaria hanno contestato un numero elevatissimo di violazioni alle disposizioni (chi scrive si rifiuta di chiamarle norme, perché tali non sono) che il Governo – Organo Amministrativo e non Legislativo – ha emanato.

Conseguentemente, è stato doveroso predisporre e depositare decine di ricorsi amministrativi, impegnando tempo dei dipendenti pubblici che ben avrebbe potuto essere utilizzato in compiti, quelli sì, urgenti, per tutelare i diritti e gli interessi dei tanti inconsapevoli “criminali” sopra descritti.
Lo scrivente, sia chiaro, non si riferisce a chi, per un suo principio più o meno condivisibile, ha deliberatamente violato le rigidissime imposizioni poste dal Governo.

I princìpi, Signori, costano e vanno pagati.
Sandro Pertini, in carcere per motivi politici, si è profondamente sentito offeso dalla richiesta di Grazia formulata, a sua insaputa, dalla madre.
Lui era in carcere per le sue idee politiche (purtroppo all’epoca incomprese dall’Autorità) e tali principi erano ben più importanti della sua vita.
Pertini, con ammirevole coerenza, ha voluto pagare i conti per i principi fatti valere.

Quindi, allontanate le persone che, dopo aver gridato allo scandalo ed aver cercato appositamente di essere sanzionati, volevano pure l’Avvocato gratis a disposizione, è stato davvero interessante e piacevole poter assistere giudizialmente le tante- troppe – persone che, in buona fede, sono state vittime di agenti a dir poco troppo zelanti.

Con soddisfazione, si evidenzia che, su circa venti ricorsi proposti contro asserite violazioni ai DPCM o alle Ordinanze Regionali in vigore nei vari periodi della scorsa primavera, ad oggi nessuna sanzione è stata confermata.

Anzi, tutti gli Organi chiamati a decidere, nel termine perentorio di 210 giorni dal deposito, sui ricorsi amministrativi, hanno guarda caso “dimenticato” di esprimere, tutti meno due, il proprio parere tecnico, facendo archiviare la procedura sanzionatoria per il c.d. silenzio assenso.

Nei due soli casi in cui il Prefetto si è curato di rispondere al ricorrente, lo stesso ha tuttavia “scordato” di convocare innanzi a sé, come prevede la Legge, il soggetto interessato che ne aveva fatto richiesta, rendendo solo per tale motivo nulla la propria decisione.

Dopo aver lavorato ininterrottamente per mesi e mesi per predisporre ricorsi urgenti per le più insussistenti violazioni, resta una domanda, legittima.
Serviva davvero sanzionare tante persone per comportamenti che nulla di pericoloso potevano configurare, quando poi lo Stato stesso ha, quantomeno per l’esperienza del sottoscritto, rinunciato a sostenere in giudizio la bontà e validità dei propri provvedimenti e dell’operato delle Forze dell’Ordine?
Non era forse il caso di limitare le sanzioni ai casi realmente gravi, e poi riuscire a sostenerne la fondatezza, in contraddittorio, nelle opportune sedi giudiziarie?
C’era, una volta, lo Stato di Diritto

Avv. Cristian Sinigaglia

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