La Cina è vicina anche al Triveneto, talvolta in maniera lecita (anche se bisogna vedere quanto conveniente per noi sia dal punto di vista commerciale, ma soprattutto geopolitico) e anche in maniera illecita, come vedremo in seguito. Note sono le mire sui porti italiani, come verso tutti i porti mediterranei ed europei in generale, si veda il caso Grecia dove la Cosco ha in mano il 67% del porto del Pireo, ma anche il 35% di Rotterdam con Euromax Terminal, ad Anversa con il 100% di Terminal Zeebrugge e poi in varia misura Valencia, Taranto, attraverso consociate turche, come teme il Copasir, nonostante le smentite delle parti in causa (ma vedremo tra poco quanto possono valere tali smentite).
Mire portuali
Taranto è anche la principale base della marina Militare, teniamo presente questa caratteristica quando parleremo di dove è dislocata una certa fabbrica di droni. La Cosco ha anche mire sul porto di Amburgo e conseguentemente sulla Hamburger Hafen und Logistik AG (e qui veniamo al Triveneto) che è diventata socia della piattaforma logistica del porto di Trieste, per cui i Cinesi, se rischiano di uscire dalla porta del Memorandum of Understanding con l’Italia, magari entrano dalla finestra. Per carità, tutto lecito, Trieste giustamente è il terminal ideale della Via della Seta, bisogna vedere se però l’accordo e le vie commerciali aperte sono win-win e a reciproco vantaggio oppure i vantaggi vanno da una sola parte. Tanto che il presidente dell’Autorità Portuale Zeno d’Agostino ha dovuto giustamente distinguere la Via della Seta che è una rotta non solo Cinese ma che comprende tutti gli stati rivieraschi, dal Giappone per passare all’India per prolungarsi al Medio Oriente, dalla BRI che è specificatamente cinese.
Per il momento a livello italiano, moda a parte, non si vede tutto questo aumento di esportazioni verso la Cina. Trieste è anche un porto strategico dal punto di vista propriamente detto, poiché, grazie ai buoni collegamenti infrastrutturali con il centro e nord Europa, permette trasporti rapidi con il Baltico e il Mare del Nord e lo spostamento agevole di ingenti quantità di uomini, materiali e armamenti pesanti da un punto all’altro dell’Europa che dovessero giungere o partire via mare.
Alpi Aviation
Ma non è solamente Trieste nelle mire lecite anche se magari non pienamente condivisibili della Cina nel Triveneto. Ci sono anche mire illecite e molto più torbide che rasentano lo spionaggio industriale e militare. Queste mire prendono il nome di Alpi Aviation, una società del pordenonese.
Cosa fa Alpi Aviation? Droni, non solo civili, ma anche militari con le sofisticate tecnologie che ci stanno dietro, tanto che alcuni prodotti sono stati acquisiti dalla difesa italiana per le SOF (Special Operation Forces) Di chi è Alpi Aviation? Attraverso varie “scatole cinesi” proprio del governo cinese, in ultima analisi. Contravvenendo a tutte le normative del Golden Power riguardo le attività strategiche e sensibili e sulla legge in merito alle norme sui materiali d’armamento. Sono stati denunciati 6 manager: 3 italiani e 3 cinesi.
La ricostruzione di RID
Ma vediamo di capire meglio grazie alla ricostruzione fatta da RID, come sempre in maniera inoppugnabile, cosa è stato architettato.
Nel 2018 una società appartenente al regime speciale di Hong Kong compra il 75% dell’azienda. Il capitale sociale decolla in maniera esponenziale e perlomeno insolita, e già lì a fare attenzione potevano nascere i primi sospetti; passa da 45.000 euro a ben 3.995.000 euro. Non bruscolini, insomma. La società era stata costituita poco tempo prima proprio con lo scopo di tale acquisizione e non sembrava avere le risorse finanziarie adeguate all’operazione. Con i conseguenti aumenti di capitale gli investimenti da attuare nel territorio italiano risultavano pari a cinque milioni di euro.
La Guardia di Finanza è riuscita ad andare a ritroso della complicata filiera e ha scoperto che tutta l’operazione in realtà è partita dalla Commissione per la supervisione e l’amministrazione dei beni di proprietà dello Stato, cinese, attraverso Management Commitee of Wuxi Liyuan Economic Development Zone. La variazione societaria veniva comunicata al Ministero della Difesa (come d’obbligo) solo dopo 2 anni e su richiesta e sollecito del Ministero stesso. In più veniva ommessa anche la comunicazione dell’acquisto del 75% della società da parte di stranieri, in aperta violazione alla legge 21/2012, cioè il cosiddetto Golden Power.
La nuova proprietà stava pensando alla delocalizzazione di parte della società presso il polo tecnologico di Wuxi, presso Shangai. Non è l’unica vicenda opaca di questa società di San Quirino. Già nel 2009 era stata attenzionata da parte del Dipartimento di Stato americano (tramite informazione dell’intelligence giapponese) riguardo a una intermediazione tra una società giapponese e una iraniana per l’acquisizione di importanti componenti di pilotaggio remoto da parte dell’Iran stesso, paese sotto embargo (e avente oramai una buona collaborazione con la Cina).
Abbiamo visto come oramai i droni sono stati decisivi o perlomeno estremamente utili negli ultimi conflitti come a esempio nella guerra tra Armenia e Azerbaigian o nel conflitto libico, per non dire nella cosiddetta guerra al terrorismo.
Solo una faccenda di know how di droni?
San Quirino, la località dove è situata l’azienda, è posizionata vicino a molti insediamenti militari. Abbiamo già visto su MRTV alcune trasmissioni sulle unità presenti nel Triveneto e quindi anche in Friuli. Nei pressi di San Quirino ha stanza con le sue varie componenti la più pesante tra le unità italiane: la brigata corazzata Ariete, ma anche molti elementi della brigata di cavalleria Pozzuolo del Friuli di cui anche abbiamo parlato e che ha un importante funzione “expeditionary” di proiezione dal mare. Soprattutto San Quirino dista 8 KM in linea d’aria dalla base NATO di Aviano sede di due gruppi di volo americani e di armamento nucleare. Non dimentichiamo che dalla quasi altrettanto vicina base di Rivolto hanno, anche se saltuariamente, operato F35 italiani anche per testare il nuovo sistema missilistico SIRIUS del 2° Stormo.
Cos’è il sistema Sirius?
Citiamo da Min Difesa:
Il SIRIUS è un sistema BMC4 (Battle Management Command, Control, Communication & Computer) che integra un radar di moderna concezione e un apparato hardware e software che ne consente l’impiego. Esso ha spiccate doti di mobilità grazie ad un proprio veicolo dedicato che ne consente lo spostamento in tempi molto rapidi. Le funzioni del sistema sono molteplici e possono spaziare da un impiego come sensore integrato in un’architettura di sorveglianza non solo nazionale ma anche a livello NATO, ad un utilizzo in qualità di Comando e Controllo di unità di fuoco dislocate anche a distanza significativa rispetto al sistema stesso.
E cosa fa il 2°stormo? Sempre da Min. Difesa:
Il 2° Stormoè l’ente individuato dalla Forza Armata per svolgere la funzione di punto di riferimento missilistico del sistema di difesa aerea nazionale. Lo Stormo cura l’addestramento e la prontezza operativa di uomini e mezzi del comparto missilistico dell’Aeronautica Militare. Tale missione si concretizza in una continua opera di addestramento volta a mantenere la capacità operativa richiesta dalla Forza Armata e dalle organizzazioni internazionali di cui il Paese fa parte.
Non credo ci siano bisogno ulteriori delucidazioni per comprendere quanto sensibile dal punto di vista della sicurezza sia l’intera zona e le due basi aeree in particolare. Sospetti paranoici? Leggetevi la strana frequenza di matrimoni misti in una ben precisa zona della Francia, matrimoni di militari francesi con affascinanti donzelle cinesi a questo link.
Che bella prospettiva controllare dei droni apparentemente italiani a così breve distanza da infrastrutture militari critiche. Quindi, non solo Trieste, la Cina non è vicina, è tri-vicina.